Le fibre di carbonio rappresentano l’eccellenza dei materiali in settori come l’hi-tech, la medicina e il tessile, e trovano la più vasta collocazione nell’ automotive e nell’ aeronautica.
Un esempio su tutti è rappresentato dall’azienda pugliese Blackshape, celebrata dal Sole24Ore (qui) e non solo, per i suoi ultraleggeri realizzati interamente in compositi a base di carbonio.
Sono ormai quasi 90 anni che le fibre di carbonio sono sul mercato e non si arresta la ricerca e lo sviluppo di metodi e applicazioni relativi a questo materiale. Ne è un esempio il numero dei depositi di brevetti incentrati sulle composizioni, i metodi o i processi che coinvolgono i compositi a base di carbonio. In figura il numero di brevetti depositati per anno, per un totale di oltre 80.000 documenti! E questo numero continua a crescere, dimostrando c’è ancora interesse per questo materiale.
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(Nota: da tener presente che in linea di massima la metà di questi brevetti non sono più attivi. I dati per gli anni 2016 e 2017 sono da considerarsi parziali, dato il periodo di segreto a cui sono soggetti questi titoli di proprietà intellettuale.)
Con l’aumento dell’impiego delle fibre sintetiche, aumenta, però, anche la preoccupazione in relazione alle conseguenze che questi materiali potrebbero avere per la salute (qui), e le normative non rimangono esenti da aggiornamenti in relazione alla sicurezza nell’utilizzo delle fibre artificiali vetrose (qui).
In questo scenario inizia a svilupparsi sempre più il settore delle fibre di carbonio BIO, ossia ottenute a partire da biomasse.
Fibre di carbonio BIO e sui sviluppi
L’innovazione non segue sempre percorsi ben definiti. Come accade in questo caso, infatti, lo sviluppo delle fibre di carbonio BIO, in realtà, sembra una sorta di ritorno al passato: oggi principalmente le fibre di carbonio vengono realizzate a partire dal petrolio o dai suoi derivati (come i poliesteri o i polimeri di acrilonitrile). I primi esperimenti invece partivano da fibre tessili come la cellulosa rigenerata, la viscosa o la seta: una prima descrizione dei processi di realizzazione delle fibre di carbonio è descritta nel brevetto CH140668 del 1929.
Oggi questa nuova direzione di sviluppo sembra proprio essere rappresentata dal desiderio di salvaguardare la salute, abbattere i costi e rendere più efficienti quei processi a base di fibre naturali avviati quasi un secolo fa.
Arrivano le fibre di carbonio BIO?
I compositi BIO sembrano ancora trovare qualche difficoltà ad approdare sul mercato. Da una preliminare analisi sui brevetti pubblicati che fanno riferimento a fibre di carbonio ottenute da biomasse o prodotti naturali emerge come l’argomento sia oggi in fase di sviluppo. In figura il numero di brevetti depositati negli anni. (Trascina le dita sullo schermo per ingrandire l’immagine)
In particolare sono emersi 70 documenti, 2/3 dei quali (il 63%) appartengono ad università, laboratori o centri di ricerca. E’ ancora piccola la fetta di aziende interessate. In figura una sintesi.
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Tra i centri di ricerca compaiono:
- (Giappone) NATIONAL INSTITUTE OF ADVANCED INDUSTRIAL SCIENCE & TECHNOLOGY
- (Germania) FRAUNHOFER-GESELLSCHAFT
- (Svezia) INNVENTIA
- (USA) US DEPARTMENT OF ENERGY
- (Israele) YIUSSUM RESEARCH DEVELOPMENT
Tra le università compaiono:
- (Cina) CENTRAL SOUTH UNIVERSITY
- (Cina) ZHEJIANG UNIVERSITY OF SCIENCE AND TECHNOLOGY
- (USA) UNIVERSITY OF TENNESSEE RESEARCH FOUNDATION
- (Australia) UNIVERSITY OF QUEENSLAND
- (Giappone) TOKYO INSTITUTE OF TECHNOLOGY
Tra le aziende compaiono:
- (USA) IBM
- (USA) RENMATIX
- (USA) FIBRIA INNOVATIONS
- (Corea) KOLON
- (Finlandia) BLN WOODS
I brevetti emersi indicano come la Cina sia la nazione maggiormente attiva nello sviluppo di questi nuovi materiali, a seguire gli Stati Uniti, il Canada e il Giappone. I dettagli in figura.
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Quali biomasse per i compositi BIO?
Diversi sono i tipi di biomasse impiegate, e principalmente si fa riferimento alla lignina o a prodotti a base di cellulosa, come precursori, oltre al legno, alla carta, ai tessuti, agli scarti di cibo. In figura i dettagli relativi alle biomasse su cui si concentrano i brevetti.
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L’Italia è interessata alle fibre di carbonio BIO?
Le aziende e le università italiane al momento non compaiono nei database brevettuali per sviluppi in questo campo. Quindi o i loro documenti ci sono e sono in fase di segreto (18 mesi), o non ci sono brevetti italiani in questo nuovo settore di sviluppo.
Un piccolo interesse è invece stato dimostrato da ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) in un argomento complementare: il riciclo e riuso delle fibre di carbonio. Due sono i brevetti pubblicati, che emergono da questa preliminare ricerca brevettuale, presso l’UIBM:
- uno del 2002 dal titolo “Procedimento per il recupero delle fibre di carbonio e⁄o di vetro da compositi delle stesse in matrici polimeriche, e mezzi per la sua attuazione” (RM2002A000217) e
- uno del 2011, in collaborazione con l’università di Bergamo, dal titolo “Metodo per la realizzazione di filati di fibre di carbonio di riciclo” (RM2011A000520).
Che le fibre di carbonio BIO possano essere una direzione di innovazione che prima o poi verrà colta dalle aziende italiane?
Vedi anche:
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